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sabato 16 agosto 2014

DEPRESSIONE POST-PARTUM COS' E' E COME DIFENDERSI

Era un po' che non scrivevo più niente nel mio blog, così mentre mi prendevo un po' di pausa dal lavoro e mi godevo l'estate al mare.
Ho pensato vedendo le spiagge popolate di adorabili future mamme con il loro pancioni bellissimi di scrivere qualche riga sulla depressione post-partum.
I mesi dopo il parto talvolta possono risultare difficili a causa di un incomprensibile senso di depressione che può assalire le neo-mamme.
I segni della depressione post- partum a volte si manifestano subito, talora a distanze di settimane.
Questi i più comuni:
- voglia di piangere, senso di inadeguatezza, tristezza;
- irrequietezza, irritabilità, insonnia;
- mancanza di energie, perdita di interesse, difficoltà di concentrazione;
- preoccupazione costante e immotivata per il bimbo, paura di potergli fare del male, o al contrario disinteresse per il neonato;
- perdita di appetito, mal di testa, disturbi gastrointestinali.
 
Ancora non si conoscono bene i motivi che possano condurre ad una depressione post-partum; sicuramente una storia di depressione precedente alla gravidanza e la comparsa di sintomi depressivi durante i mesi centrali della gravidanza ( disturbi del sonno, calo dell'energia, variazione dell'appetito); ciò non deve portare a pensare che la gravidanza possa essere un evento patologico per la psiche : la sensazione di inadeguatezza, la solitudine e la voglia di piangere dopo il parto sono normali e nella maggior parte dei casi non sfociano in nulla di più serio.
E' importante distinguere gli episodi di alterazione dell'umore nel post-partum dalla baby blues, che è una tristezza che attanaglia 7 mamme su 10 ma che passa in breve tempo ; la differenza sta nella durata dei sintomi e nel fatto che se si trattasse di depressione post-partum i sintomi andrebbero ad impedire e ad ostacolare la capacità di svolgere le varie attività quotidiane.
Il guaio è che troppe donne non arrivano a chiedere aiuto in maniera tempestiva, quando magari la depressione è leggera e se la trascinano per mesi finchè la risolvano da sé o esplode a distanza di anni, affrontare il disturbo con serenità è sicuramente l'arma vincente e con la forza di non tirarsi indietro di fronte le difficoltà come noi donne sappiamo fare il più delle volte!

domenica 27 luglio 2014

http://nicolapiccinini.it/una-terapia-psicologia-non-costa-niente/2014/07/
Volevo condividere con voi questo link che mi sembra interessantissimo , voi cosa ne pensate ?
Io penso che della psicologia ce ne sia sempre più bisogno nei più disparati campi e che essa sia ovunque , ma a volte fa più comodo che rivesta ruoli marginali .... Con grande rammarico per chi la potrebbe far diventare una grande risorsa da condividere !
Buona serata .

mercoledì 9 luglio 2014

L' ESAME DI STATO PER L'ABILITAZIONE ALLA PROFESSIONE DI PSICOLOGO

L'esame di stato per l'abilitazione alla professione di psicologo rappresenta un ostacolo che si frappone tra il tirocinio post-lauream con cui si chiude in qualche modo " i ponti " con l'università e la professione vera e propria.
E' un momento che racchiude forti aspettative, ansie per le prove ma soprattutto per la mole di studio indefinita, ciò che mette preoccupazione a volte è il non sapere neppure di cosa tratteranno le diverse prove che caratterizzano l'esame di stato e poiché ci troviamo senza a volte libri di riferimento, ci sembra di venir catturati da un panico dal quale è difficile uscire.
Proviamo a definire un po' meglio le caratteristiche dell'esame di stato.
L'esame di stato per l'abilitazione alla professione di psicologo può essere effettuato in diverse sedi universitarie, la scelta della sede può essere il risultato di diversi fattori: la sede può essere la stessa o diversa da quella in cui ci siamo laureate, può dipendere dal tempo che intercorre da una prova ad un'altra, dal tipo di orientamento che un Università può avere rispetto ad un altra, o si può basare su dei miti che si trasmettono da generazione in generazione si parla infatti di sedi in cui l'esame può risultare più facile o più difficile ( non entrerò in merito a questa discussione).
Sicuramente l'esame di stato richiede grande impegno, ma il percorso se affrontato nella giusta maniera porta con sé anche soddisfazioni, ampliamento di conoscenze e capacità di concretizzare la mole di conoscenze psicologiche apprese negli anni in qualcosa di più concreto ( imparando la stesura dei progetti in psicologi, una eventuale modalità di lettura di un caso clinico,ecc).
La prima prova dell'esame di stato consiste nella stesura di un tema riguardante un argomento di Psicologia Generale, che verrà estratto il giorno stesso della prima prova su tre scelti dalla commissione giudicatrice.
Il tema solitamente può riguardare un tema di Psicologia Generale ,Psicologia dello Sviluppo o Psicologia Sociale.
Solitamente la Commissione richiede di sviluppare dei punti : definizione generale dell'argomento, principali autori di riferimento di una o due teorie che si vogliono approfondire in merito all'argomento ( esempio esce l'apprendimento definisco il condizionamento classico), un esperimento che vada a validare l'ipotesi dei ricercatori, eventualmente test per misura il costrutto di cui stiamo parlando, un ambito applicativo riferito alla teoria approfondita.
Il tutto deve essere il più possibile coerente.
Consiglierei quindi di studiare stendendo già dei temi in cui seguite la seguente scaletta in modo da procedere per ordine e in maniera organizzata, ovviamente approfondite più di una teoria per argomento seguendo sempre la scaletta, per far questo affidatevi a dei buoni manuali di Psicologia Generale che magari avete già utilizzato all'Università, approfondendo anche su libri specifici all'argomento in cui vi siete concentrati.
questa può essere una modalità , ma ognuno ha un proprio metodo personalizzato.
La seconda prova riguarda la stesura di un progetto in psicologia, che può essere sia un progetto di sostegno , che di prevenzione o di riabilitazione e può riguardare anche qui diversi ambiti sociale, clinico o evolutivo, del lavoro.
La stesura del progetto segue diverse linee: analisi del contesto o premessa, obiettivi generali e specifici, destinatari diretti o indiretti, modello teorico di riferimento con rispettiva metodologia utilizzata, fasi, tempi e attività, risorse economiche e umana utilizzata, limiti e vincoli, costi, valutazione ex ante, in itinere ed ex post.
In commercio si trovano diversi manuali che spiegano cos'è e come si stendono i progetti in psicologia o manuali in cui vengono riportati esempi concreti di progetti.
Anche qui se non sapete cosa sia un progetto bisogna prima andare a recuperare le lacune, poi avventurarsi nella stesura di diversi progetti, seguendo dei modelli che troverete su libri in commercio o imparare leggendo più progetti possibili che si possono trovare anche su internet.
La terza prova richiede allo studente la capacità di effettuare un ipotesi diagnostica di un caso clinico proposto che può essere un caso clinico adulto uno di infanzia e uno dell'ambito lavorativo, a volte viene presentato anche uno neuropsicologico tra cui scegliere.
Ciò che viene richiesto è la capacità di effettuare un ipotesi diagnostica sulla base di dati presentati dal caso in questione che logicamente sono insufficienti per fornire una diagnosi.
Quindi si analizzano i dati presentati, si effettua un ipotesi diagnostica principale e altre ipotesi che chiameremo secondarie, sempre se richiesto dal caso, si richiederà un approfondimento dei dati mancanti attraverso un colloquio clinico o l'utilizza di test psicologici specifici per l'ipotesi di diagnosi in questione, e si procederà con un indicazione sempre ipotetica di una psicoterapia specificando il tipo e gli obiettivi che eventualmente ci si può proporre o qualora un approfondimento psichiatrico della situazione se fosse necessario o un collaborazione con altre figure specialistiche qualora fosse necessario.
L'ultima prova al contrario delle precedenti è una prova orale, riguardo il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, si richiede di commentare il contenuto di un articolo del codice e si racconta la propria esperienza di tirocinio post-lauream, soffermandoci non tanto a descrivere minuziosamente quale sia stata l'attività a cui abbiamo assistito supervisionati dalla nostra tutor, ma specificando cosa tale esperienza ci ha lasciato di professionalizzante. 
Spero di avervi chiarito un po' le idee, come si suol dire " in bocca al lupo"!
 





 

giovedì 3 luglio 2014

"BAMBINI INDIFESI"

Oggi più che mai siamo bombardati da messaggi di cronaca proposti dai mass media che riguardano la violenza ai danni dell'infanzia, quando parliamo di abuso intendiamo quell'insieme di atti e carenze che turbano gravemente il bambino attentando alla sua integrità corporea e al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono: la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura di un bambino.
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress, comporta lo sviluppo di sintomi tipici che si manifestano in seguito all'esposizione ad un fattore traumatico estremo, riconducibili a tre gruppi principali: sensazione di rivivere l'evento traumatico, evitamento degli stimoli associati al trauma, attenuazione della reattività generale e aumentato arousal.
I sintomi più caratteristici di quasi tutti i traumi infantili, indipendentemente dall'età del bambino e dal tipo di trauma subito, consistono in memorie intrusive e paure legate all'evento, cambiamenti di atteggiamento nei confronti delle persone, di alcuni aspetti della vita e del futuro, comportamenti ripetitivi tramite i quali viene rivissuta la situazione.
Possono manifestarsi anche sogni ripetitivi, ma difficilmente essi si presentano nei bambini con età inferiore ai 5 anni.
Quando una persona subisce un trauma, esperisce una grande quantità di ansia, non solo nel corso di tale esperienza, ma anche successivamente ogni volta che una situazione gli ricorda il trauma che l'ha colpita.
Coloro che hanno subito vessazioni, maltrattamenti, abusi, punizioni ingiuste, soprattutto in età infantile quando erano impotenti e incapaci di difendersi, vivono tra gli altri anche il problema di una profonda trasformazione dei sentimenti di fiducia nelle norme, nella giustizia e nella possibilità della punizione (Paola Di Blasio, "Psicologia del bambino maltrattato", Il Mulino, 2000).
Riporto di seguito i dati dell'Unicef in merito alla violenza sui minori e i progetti rivolti a tali destinatari.

sabato 14 giugno 2014

QUANDO LA PAROLA CANCRO FA PAURA

Il cancro si caratterizza come un evento stressante cronico che arriva all'improvviso nella vita della persona, il cosiddetto "fulmine a ciel sereno", fino al giorno prima conducevamo magari una vita normale ricca di impegni e di idee, ed oggi quello che ci sembrava essere un futuro ricco di progetti sembra perdere il suo valore.
Affrontare il cancro significa trovarsi di fronte alla paura della morte, è qui che siamo chiamati a mobilitare tutte le nostre risorse interne migliori al fine di ricercare un nuovo adattamento e un nuovo equilibrio che è possibile, riuscire ad accettare questo evento nella nostra vita per poterlo fronteggiare coraggiosamente, come dei veri guerrieri.
La malattia neoplastica non riguarda solo il singolo individuo, ma essa si colloca nelle relazioni familiari come un evento incomprensibile, incontrollabile e imprevedibile, richiede e spinge la famiglia a riorganizzarsi a dare nuove priorità, e richiede numerosi e dolorosi traslochi emotivi.
Le reazioni di fronte alla diagnosi della malattia sono molteplici: c'è chi si chiude nel proprio dolore, chi invece coglie tale momento per mettersi a contatto con le parti più profonde di sé più autentiche , che nella vita routinaria di tutti i giorni viene trascurata, altri che diventa i più attenti dottori di se stessi si informano sanno tutto del loro problema e ne sono i protagonisti , o altri ancora che sembrano essere più preoccupati da altre vicissitudini familiari piuttosto che da quello che apparentemente potrebbe essere considerato il loro problema.
Il sostegno psicologico può diventare quello spazio in cui riscoprire il valore del tempo presente da vivere per sé e insieme ai propri cari, in un' occasione di ascolto empatico, consapevolezza e crescita personale.

venerdì 6 giugno 2014

"Valorizzare il gioco ... giocando "

Ieri 5 Giugno 2014 io, Dott.ssa Jessica Ferrante insieme alla Dott.ssa Claudia Capucci, abbiamo tenuto per conto della VIS CALCIO di Civitanova marche, un incontro con i genitori degli atleti sulla tematica dei valori nello sport, in particolare nel calcio, presso la sala convegni della Chiesa di San Carlo Borromeo.
Riassumeremo qui di seguito brevemente i concetti trattati.
Il mondo dello sport è fatto di regole, rispetto , accettazione e valorizzazione delle qualità, della consapevolezza dei propri limiti, di vittorie e di sconfitte, ma anche di delusioni.
Il genitore è utile allo sport, quando:
  1. è presente e si impegna a conoscere e capire il proprio figlio, per le qualità, i limiti, le intenzioni e i desideri.
  2. stima il figlio nonostante gli errori e i limiti ( teniamoci lontani dal perfezionismo ad ogni costo)
  3. rispetta le regole, i tecnici, gli avversari e le decisioni arbitrali
  4. fa critiche costruttive
  5. incoraggia a competere sulla base delle proprie capacità
  6. chiede direttamente al tecnico delucidazioni in merito a qualche problematica emersa, evitando pettegolezzi che danneggiamo l'ambiente
Lo sport è importante, in quanto permette lo sviluppo della sfera fisica ( postura, benessere, igiene, salute, corretta alimentazione, ecc), permette il potenziamento di aspetti psichici quali autostima, capacità empatiche, potenzia gli aspetti cognitivi del ragazzo, permettendo così nuovi apprendimenti, permette di accrescere le competenze relazionali del soggetto all'interno di un gruppo.
Non possiamo dimenticare che la squadra sportiva è essenzialmente un gruppo sociale, e va sempre sottolineato come i gruppi sono una parte inevitabile dell'esistenza umana ( gli esseri umani crescono in gruppo, lavorano in gruppo, imparano in gruppi e giocano in gruppi).
Gli esseri umani sono esseri di gruppo.
Turner afferma che un gruppo esiste quando uno o più individui definiscono se stessi come membri del gruppo e quando la sua esistenza è riconosciuta da almeno un'altra persona, l'altra persona può essere un singolo individuo o un altro gruppo.
L'importanza del gruppo sta nel fatto che tramite esso costruiamo la nostra identità sociale, cioè qualla parte di identità , che come dice il grande Tajfel, deriva dall'appartenenza al gruppo  unita al valore che noi attribuiamo a quel gruppo.
Facciamo un esempio se io vi chiedessi di rispondere per venti volte alla domanda " Chi sono Io ? " voi iniziereste ad esempio dicendo sono tizio, sono un figlio, sono un calciatore (faccio parte dunque di squadra / gruppo), sono uno studente della classe sez... ( quindi un altro gruppo), sono uno scout, ecc...
E' importante, dunque, dare dei modelli di riferimento sani ai giovani, che stanno cercando continuamente di rispondere alla domanda, chi sono Io ?
Può capitare che inconsciamente i genitori tendano a realizzarsi se stessi attraverso il bambino, proiettando su di lui inconsciamente i desideri che non si è riusciti a realizzare da giovani.
Molto spesso si vorrebbe che il proprio figlio non soffrisse mai, ne commetta mai errori, questo non è possibile.
Lo sport è uno dei mezzi migliori per aiutare il proprio figlio a maturare e a crescere, in quanto lo spinge ad impegnarsi e a cercare di migliorarsi sempre, a comprendere il sacrificio e l'umiltà.
Le figure di riferimento dovrebbero incoraggiare la pratica sportiva, lasciando che la scelta dell'attività sia fatta dal bambino, instaurare un rapporto con l'allenatore, lasciare il bambino libero di esprimersi in allenamento e in gara, evitare di esprimere giudizi sui compagni di gioco, evitare rimproveri a fine gara; dimostrarsi invece interessati a come il bambino ha vissuto i vari momenti della gara, aiutarlo a porsi obiettivi realistici, spronarlo al rispetto delle regole. 
bisognerebbe dare una mano a sdrammatizzare i momenti di difficoltà che il bambino vive, sostenendolo , incoraggiandolo, ascoltandolo , favorire la sua autonomia lasciando che sia quest'ultimo a farsi la doccia da solo negli spogliatoi o a prepararsi il borsone, anche se magari la prima volta si dimenticherà proprio gli scarpini da calcio... vedrete che poi non succederà più!
Come abbiamo mostrato ieri ai genitori degli atleti, vi consiglierei di vedere un pezzo del film " IL BOSS IN SALOTTO " la scena "IL BALLETTO" fa molto riflettere.
Non vi sono regole universali nell'essere genitore, ognuno interpreta il proprio ruolo in base alle proprie caratteristiche di personalità, alla propria storia personale, al modello educativo avuto dai propri genitori, alle esperienze di vita; il genitore perfetto non esiste, ma possiamo cercare ogni giorno di comprendere i nostri errori e migliorarci, facendo domani dei nuovi errori ma non più gli stessi, saremmo così dei genitori attenti ai bisogni dei nostri figli.
Negli ultimi anni capita spesso di ascoltare da parte di figure di riferimento : genitori, insegnanti e allenatori lamentele sulla difficoltà di gestire e regolare il comportamento dei propri figli.
talvolta dietro tali affermazioni si nasconde la difficoltà da parte degli adulti di sostenere efficacemente lo sviluppo, facendo si che i bambini prestino comportamenti adeguati alle situazioni, sappiano gestire i propri impulsi e prestare attenzione per un tempo ragionevole alla loro età.
Nello sport le regole servono a far si che l'aggressività che si instaura quando due o più gruppi competono per una risorsa limitata, come il primo posto in classifica , non si trasformi in violenza che nega di fatto i valori di convivenza civile. 
la norma è una scala di valore, che definisce i comportamenti e gli atteggiamenti adeguati a determinate situazioni.
Il primo apprendimento che vi vorrei  trasmette oggi, è che quando diamo una regola a casa, a scuola, all'interno di una palestra o di un  campo da calcio , dobbiamo essere coerenti con essa, non comunicare una regola e nello stesso tempo dare il messaggio che in qualche modo questa regola si possa infrangere.
Secondo apprendimento di oggi il ragazzo che scegli di impegnarsi in uno sport merita la stima, l'approvazione da parte dei genitori.
Terzo apprendimento quando comunichiamo, facciamolo attraverso una comunicazione chiara non ambigua, ad esempio " sei stato bravo, ma potevi far meglio".
Il quarto apprendimento di oggi è insegniamo la responsabilità ai nostri figli, che garantisce il senso di impegno nei confronti di una scelta presa, la responsabilità dei risultati legati alle proprie scelte, infatti è nel momento delle scelte che si determina il futuro della persona.
Lo sport , è importante perché favorisce la crescita armoniosa dell'individuo, sostiene il processo educativo dei bambini, facilita gli apprendimenti attraverso il gioco, è una filosofia di vita che tiene lontano dagli aspetti più negativi della società ( vita sedentaria, alcolismo, tabagismo e droga).
Lo sport, inoltre, rappresenta una possibilità in più di stimolare un dialogo in famiglia, tramite un tema che può accomunare il padre con il figlio o la madre con il figlio, e non in ultimo permette anche l'integrazione culturale.
Lo sport è anche il campo metaforicamente parlando in cui il bambino sperimenta e acquisisce un alfabeto relazionale, che gli permetterà di stringere rapporti amicali con i coetanei e diventare membro di un gruppo.
Non chiediamoci che amici sono gli altri per noi, ma chiediamoci che amici siamo noi per gli altri.
Lo sport insegna la lealtà, la capacità di essere franchi con se e con gli altri, lontano dal perfezionismo ad ogni costo, insegniamo ad essere e non solo ad apparire, insegniamo ad apprendere dietro le sconfitte, che riguardano tutti.
Il calcio come altri sport sono una palestra di vita, genitori e ragazzi diamoci da fare!
La dott.ssa Jessica Ferrante e la dott.ssa Claudia Capucci ringraziano la società VIS CALCIO di Civitanova Marche e i genitori e i ragazzi presenti ieri per la loro volontà e lo spirito di partecipazione alle iniziative promosse.
Se qualcuno volesse porre domande o chiarimenti lo può fare qui di seguito commentando o privatamente tramite e-mail messa a disposizione , a cui risponderemo volentieri.


venerdì 30 maggio 2014

L'IMPORTANZA DELLE FIABE

 
Ogni fiaba è fatta di immagini, un po' come le poesie; per questo arriva alla nostra interiorità, si colloca in quella terra di nessuno che è il confine tra la ragione e la fantasia, tra la veglia e il sonno, tra la luce e il buio.
Le fiabe sono l'espressione più pura e semplice dei processi psichici dell'inconscio collettivo, il linguaggio della fiaba sembra essere il linguaggio di tutta l'umanità, di tutte le razze e civiltà.
Se c'è una forma culturale al mondo con cui tutti gli esseri umani da sempre hanno avuto e hanno una certa familiarità, una forma culturale che può sembrare semplice e d'immediata comprensione questa è la fiaba.
Tuttavia è necessario fare i conti con l'assoluta complessità del genere forse a volte trascurato o confusamente compreso dalla storia della letteratura.
La fiaba trasmette come messaggio quello che soltanto chi non scappa impaurito dalle difficoltà che la vita ci pone può riuscire a superare gli ostacoli e uscirne vittorioso.
Nella fiaba sono le qualità umane ad essere ricompensate.
In una società come la nostra dove non si riconoscono più dei valori universali in cui credere e sui quali costruire la propria esistenza, credo che la fiaba possa offrire un grande contributo all'umanità attraverso il suo messaggio di speranza e ottimismo.
Le fiabe come i racconti e i romanzi, nascono dalla volontà dell'uomo di comunicare con altri uomini di diffondere e tramandare l'esperienza del bene e quella del male. In una parola: la vita.
Il linguaggio delle fiabe è quello dei narratori del popolo, in genere molto semplice a volte un po' sgrammaticato, ricco di modi di dire.
In Italia dal '600 ci furono degli scrittori che incominciarono a rielaborare le fiabe e a trascriverle usando un linguaggio più raffinato, nacque così la fiaba d'autore che divenne un vero e proprio genere letterario, fra gli autori più famosi di fiabe ricordiamo Giovan Batista Basile e Italo Calvino, in Germani vi furono i fratelli Grimm, in Francia Perrault.
La fiaba non va confusa con la favola, perché si tratta di genere narrativi diversi, nonostante derivino dallo stesso verbo latino " fari" che significa "raccontare".
Il messaggio della favola è sostanzialmente pessimistico sulla natura umana e non esclude la possibilità che vinca il più forte sul più debole; invece la fiaba è un racconto sempre a lieto fine.
La favola è un apologo, cioè un racconto essenziale privo di dettagli, che all'interno di una narrazione fantastica che ha per protagonisti gli animali rappresenta i vizi e le virtù di quest'ultimi, e racchiude un insegnamento pratico; la morale di solito è espressa all'inizio o alla fine del racconto.
Il tema di denuncia presente nella favola non presenta mai un progetto di cambiamento, vi è infatti una sorta di fatalismo.
 
PERCHE' LEGGERE LE FIABE AI BAMBINI?
 
La fiaba, come afferma Bruno Bettelheim, permette ai bambini di affrontare una serie di eventi negativi ( crudeltà, morte, abbandono...) corrispondenti alle paure reali del bambino.
Il bambino trova nella fiaba un importante momento di liberazione dalle proprie angosce.
La fiaba insegna al bambino come superare gli ostacoli della sua vita senza aggirarli, indirizza il bambino verso la scoperta della sua identità.
La fiaba suggerisce che una vita gratificante e positiva è alla portata di ciascuno nonostante le avversità.
Un bambino si fida di quanto detto dalla fiaba, perché la visione del mondo della fiaba concorda con la sua.
Le fiabe, oltre ad indicare la via verso un futuro migliore, si concentrano sul processo di trasformazione, invece di descrivere in maniera particolareggiata la felicità che alla fine verrà conquistata.
Ciò che è importante ricordare è che la fiaba non consiglia mai, ne esige o dice esplicitamente.
Nella fiaba tutto è detto in modo simbolico.
La fiaba presenta il problema e la soluzione del problema nell'unico linguaggio comprensibile al bambino quello della fantasia.
Molto spesso capita che i bambini amino una certa fiaba in un determinato periodo periodo e vogliono sempre e solo quella, questo perché è in quel momento è quella la loro fiaba, quella che parla del problema che da più vicino riguarda loro.
Se il genitore racconta con il giusto spirito le fiabe, il bambino mentre ascolta si sente compreso nei suoi più delicati sentimenti, ne suoi più ardenti desideri, nelle sue più gravi ansie e angosce.
Dare al bambino la convinzione che dopo tutte le sue fatiche un mondo meraviglioso l'attende, significa dargli la forza di crescere bene , sicuro, con senso di fiducia e rispetto verso se stesso.