CORSO DI FORMAZIONE PER IL VOLONTARIATO
AVULSS DI MONTE SAN GIUSTO
6 NOVEMBRE 2014
Ieri si è tenuto presso il Comune di Monte San Giusto (MC) il corso per il volontariato dell'AVULSS in cui si è dedicato ampio spazio ad argomenti psicologici, quali: il bisogno, il processo comunicativo, la relazione ; per poi approfondire tre tipi di patologie con cui il volontario AVULSS si troverà nel corso della sua opera a confrontarsi, esse sono : la demenza, il cancro e la famiglia con soggetti disabili. Come abbiamo ribadito ieri, il volontario di qualsiasi tipo sia va apprezzato, sostenuto, ammirato per la sua capacità di donarsi, ma è pur vero che le sue azioni devono essere consapevoli e corrette e ciò non può prescindere da un'adeguata formazione e conoscenza delle malattie con cui entrerà in contatto.
Il ruolo della psiche nel determinare lo stato di salute o di malattia è stato riconosciuto con l'entrata in campo medico-psicologico di un nuovo modello : l'approccio bio-psico-sociale alla salute di Engel.
Il modello bio-psico-sociale della salute pone fine alla visione di tipo riduzionistica della malattia, tipica dell'approccio medico.
L'organizzazione mondiale della salute arriva a definire lo stato di salute come uno stato di benessere non solo fisico ma psichico e sociale e non solamente assenza di malattia e infermità.
Qualsiasi
ospedalizzazione per qualsiasi patologia costituisce pertanto una interruzione,
un salto, la rinuncia ad una progettualità che in alcuni casi potrà essere
ripresa in tempi brevi e con facilità, mentre in altri dovrà intendersi
definitivamente interrotta, ponendo pertanto la necessità di una nuova,
dolorosa, difficile riformulazione. In ogni caso la condizione di malato rende
necessaria la capacità di adattamento.
Interventi
psicologici specifici e mirati sia in favore del paziente che dei familiari
possono contribuire in maniera determinante a favorire il processo di
accettazione, adattamento e reazione alla patologia, favorendo la necessaria compliance
con l’equipe curante, sostenendo il paziente sul piano emotivo in
considerazione anche di alcuni particolari momenti in cui deve affrontare ed
effettuare delle scelte delle quale rimane comunque titolare.
DEMENZA
I DISTURBI DESCRITTI NELLA SEZIONE “ DEMENZA”SONO CARATTERIZZATI DALLA SVILUPPO
DI MOLTEPLICI DEFICIT COGNITIVI ( INCLUSA COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA ).
LA
CARATTERISTICA ESSENZIALE DI UNA DEMENZA è LO SVILUPPO DI MOLTEPLICI DEFICIT
COGNITIVI CHE COMPRENDONO COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA E ALMENO UNA DELLE
SEGUENTI ALTERAZIONI COGNITIVE: AFASIA, APRASSIA, AGNOSIA, E UN’ALTERAZIONE DEL
FUNZIONAMENTO ESECUTIVO.
LA
COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA è RICHIESTA PER FARE DIAGNOSI DI DEMENZA, ED è UN SINTOMO PRECOCE
RILEVANTE.
- • i soggetti con demenza vanno incontro a compromissione della capacità di apprendere nuove informazioni, o dimenticano nozioni precedentemente apprese. La maggior parte dei soggetti con demenza hanno entrambe le forma di compromissione della memoria
- • il deterioramento delle funzioni del linguaggio (afasia) può essere manifestato dalle difficoltà di ricordare i nomi di individui o oggetti.
L’eloquio può diventare vago e vuoto, uso
eccessivo di termini indefiniti come “cosa” e “questo”, oppure possono
manifestare , negli stadi più avanzati l’eloquio può essere anche deteriorato e
presentare palilalia ( ripetizioni di parole più volte).
LA
COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA è RICHIESTA PER FARE DIAGNOSI DI DEMENZA, ED è UN SINTOMO PRECOCE
RILEVANTE.
• i soggetti con demenza vanno incontro a
compromissione della capacità di apprendere nuove informazioni, o dimenticano
nozioni precedentemente apprese. La maggior parte dei soggetti con demenza hanno entrambe le forma di compromissione
della memoria
•
il deterioramento delle funzioni del linguaggio (afasia) può essere manifestato
dalle difficoltà di ricordare i nomi di individui o oggetti.
L’eloquio può diventare vago e vuoto, uso
eccessivo di termini indefiniti come “cosa” e “questo”, oppure possono
manifestare , negli stadi più avanzati l’eloquio può essere anche deteriorato e
presentare palilalia ( ripetizioni di parole più volte).
Contrariamente a quanto si pensi
comunemente, la demenza non
fa parte della normale evoluzione di un invecchiamento
fisiologico; ciò significa che la demenza, a qualunque età, è sempre
espressione di una patologia sottostante.
Esistono diverse forme di demenza;
la più frequente è quella dovuta alla Malattia di Alzheimer, che si riscontra
nel 50% dei casi; la seconda in ordine di frequenza è la Demenza Vascolare,
causata dall’arteriosclerosi dei vasi cerebrali ed in particolare dalle piccole
lesioni cerebrali di tipo ischemico che si verificano in questa condizione; la
Demenza Vascolare si può prevenire con un corretto controllo dei fattori di
rischio, come l’Ipertensione Arteriosa, il diabete e l’aumento del colesterolo.
ØI
soggetti con demenza possono presentare APRASSIA , cioè incapacità di eseguire attività motorie.
Essi risulteranno impacciati nella capacità di
mimare l’uso di oggetti ( pettinare i capelli, farsi il segno della croce)
L’aprassia può accentuare le difficoltà di
cucinare , di vestirsi, di disegnare ( disegnare due pentagoni che si
intersecano ).
ØI
soggetti con demenza possono presentare AGNOSIA ( cioè incapacità di
riconoscere o identificare oggetti nonostante le funzioni sensorieli siano preservate.
Normale
acuità visiva ma perdita della capacità di riconoscere oggetti ( chiedere di
dire il nome di un ogetto che mostro: penna o orologio)
TALVOLTA POSSONO ESSERE INCAPACI DI
RICONOSCERE I LORO FAMILIARI.
NELLA DEMENZA SI COMPROMETTONO LE FUNZIONI ESECUTIVE
Dovuto al deterioramento dei LOBI FRONTALI.
•ALLA
CORTECCIA PREFRONTALE SONO ATTRIBUITE LE FUNZIONI INTELLETTIVE SUPERIORI, COME:
PLANNING: valutare, pianificare,
programmare strategie per l’esecuzione di un compito.
UPDATING: aggiornare il contenuto
della memoria di lavoro per conseguire una meta.
SHIFTING: passare da un concetto ad
un altro in risposta ai cambiamenti delle richieste ambientali.
INHIBITION: inibire informazioni irrelevanti
per la risoluzione di un compito o inibire risposte automatiche non congrue
alle richieste ambientali.
Un indebolimento delle funzioni
cognitive comporta negli anziani: inefficiente pianificazione, maggior latenza
nella risoluzione dei problemi, maggior suscettibilità all’interferenza,
comportamenti perseveratori
che indicano una mancanza di flessibilità cognitiva.
I
soggetti con demenza possono andare incontro a disorientamento nello spazio
La
capacità critica e l’introspezione sono carenti ( possono fare valutazioni non
realistiche circa le loro capacità, o
piani che non sono congruenti con i loro deficit, possono sottovalutare certe
rischi che comportano certe attività ( per esempio guidare ).
Possono
mettere in atto alcuni comportamenti aggressivi
Possono
mostrare un comportamento disinibito, fare scherzi inappropriati, trascurare
l’igiene personale, esibire una familiarità non dovuta con estranei.
Associato
ad ansia, turbe dell’umore e del sonno
SONO
PRESENTI DELIRI ( SPESSO SONO CONVINTI CHE GLI ALTRI GLI RUBINO OGGETTI
PERSONALI, MAGARI MESSI IN POSTI SBAGLIATI
IL MANCATO E SCARSO CONTROLLO DI
QUESTI ELEMENTI SINTOMATICI è IL PRINCIPALE MOTORE DELLA RICHIESTA DI
INTERVENTO MEDICO E RICOVERO OSPEDALIERO, FINO ALL’ISTITUZZIONALIZZAZIONE.
TRA I PRINCIPALI PROBLEMI
COMPORTAMENTALI L’AGGRESSIVITA’ , L’IRRIQUIETEZZA, L’IRRITABILITA’ E I DISTURBI
DEL SONNO SONO GLI ELEMENTI CHE PIU’ PRECOCEMENTE RENDONO DIFFICILE LA GESTIONE
DEL PAZIENTE ANZIANO, SIA ESSO RIFERIBILE AD UN QUADRO SOLAMENTO DEPRESSIVO O
COMPLICATO DA DEFICIT COGNITIVO.
IL DISTURBO DEPRESSIVO MEGGIORE
IN TAL CASO I DEFICIT DI MEMORIA , DIFFICOLTà DEL PENSIERO E DELLA
CONCENTRAZIONE, E RIDUZIONE DELLE FACOLTà INTELLETTIVE IN GENERALE SONO LA
CONSEGUENZA DELLA DEPRESSIONE E NON DELLA DEMENZA.
Da segnalare come la presenza di un
deficit cognitivo sia del tutto compatibile con la diagnosi di disturbo
psichiatrico, tuttavia i disturbi d’ansia sembrano più caratterizzati da i
deficit di memoria a breve termine , mentre la depressione va a compromettere
maggiormente le funzioni esecutive.
ØSembra dunque essere confermata
l’ipotesi che la depressione possa essere un fattore di rischio per la demenza
RICONOSCERE PRESTO LA DEMENZA
E’
molto importante diagnosticare la malattia il più presto possibile; purtroppo infatti la prima di malattia è quella più subdola, in cui il
malato stesso, rendendosi conto molto spesso per primo delle
sue mancanze e vergognandosi (spesso perché si sente “vecchio” o perché ha paura che di perdere la fiducia dei propri cari o dei propri colleghi) tende a mascherarle In questo modo spesso i familiari ritardano il riconoscimento dei primi sintomi, o credono che il loro caro stia attraversando un periodo di depressione.
DIECI CAMPANELLI D'ALLARME:
•1-
la persona va spesso in confusione ed ha vuoti di memoria
•2-
non riesce a fare più le cose di tutti i giorni
•3-
fatica a trovare le parole giuste
•4-
a volte sembra che perda il senso dell’orientamento in luoghi conosciuti
•5-
indossa un abito sopra l’altro come se non sapesse vestirsi
•6-
ha grossi problemi con i soldi e con i calcoli
•7-
ripone oggetti in posti strani
•8-
ha improvvisi ed immotivati sbalzi d’umore
•9-
ha cambiato il suo carattere
•10-
ha sempre meno interessi e spirito di iniziativa
DEMENZA PATOLOGIA A CARATETRE FAMILIARE?
Sono
ormai noti gli aspetti che rendono la demenza una patologia a carattere anche
familiare.
La
complessità della cura, l’impegno costante reso più problematico da una rete dei
servizi ancora inadeguata, le implicazioni su di un piano relazionale ed
emozionale, i costi economici diretti e indiretti, mettono a dura prova
l’equilibrio psicofisico del caregiver e dell’intero nucleo familiare, a
sua volta in continua evoluzione.
La
famiglia, infatti, è ancora il luogo privilegiato della cura nel nostro paese,
ma non è più il “contenitore” stabile di un tempo. L’obiettivo che ci si
propone è di delineare le problematiche che il caregiver si trova ad affrontare nelle
diverse fasi di malattia, evidenziando come la progressione della patologia, ma
non solo, attivi differenti coinvolgimenti emozionali e relazionali, che
rendono ancora più complesso un compito già di per sé faticoso e difficile.
Inoltre, va ricordato che il caregiver principale non deve diventare esclusivo, ma deve poter concedersi dei momenti per vivere altri ruoli relazionali importanti e per dedicarsi a se stesso e ai propri interessi. Avere degli spazi personali in cui sentirsi gratificato è fondamentale per potersi relazionare meglio con il malato. Un caregiver insoddisfatto e frustrato rischia di diventare inefficace e dannoso per il malato stesso. Un familiare privo di soddisfazioni e gratificazioni riduce le sue capacità di empatia, ascolto, calma che sono importantissime nella relazione con il proprio caro.
Un
malato incompreso diventa molto più
difficile da gestire perché sentendosi frustrato svilupperà più facilmente comportamenti difficili, aumentando lo stress del caregiver. Questo processo può incrementarsi fino a portare ad una frattura nella relazione di cura. In queste situazioni è bene che il caregiver espliciti le proprie difficoltà di gestione e condivida con gli altri membri della famiglia e con gli
altri
curanti i propri stati emotivi ed eventualmente la scelta di modalità assistenziali diverse.
Un
problema rilevante e doloroso in questa fase è dato dalla difficoltà del
riconoscimento reciproco.
Il caregiver non riconosce nel malato la
persona di sempre in particolare in presenza di comportamenti o reazioni
fortemente dissimili da quelle note, mentre il paziente, con il progredire
della malattia, non riconosce più i familiari e l’ambiente che lo circonda.
Se è vero che senza memoria non c’è identità
anche chi non è riconosciuto dopo una vita trascorsa insieme, rischia di
sentirsi derubato non solo del rapporto ma anche della sua stessa storia
affettiva.
Altro
tema che emerge di frequente nei gruppi di sostegno è l’imprevedibilità e
l’assurdità dei comportamenti del paziente, spesso associati a sintomi non
cognitivi, che mettono a dura prova la qualità del legame.
Alcune convinzioni deliranti sono
lette dai familiari come malevole nei propri confronti, mentre i comportamenti
aggressivi o oppositivi e la labilità emotiva sono interpretati come
intenzionali e quindi possono attivare pesanti simmetrie.
Nelle famiglie ad alta emotività
espressa , dove sono elevati l’ipercoinvolgimento,
il criticismo e l’ostilità, la situazione diventa ingestibile ed è facile il
ricorso alla istituzionalizzazione del paziente.
La
variabilità dei comportamenti del malato invece aumenta nel caregiver
il disorientamento e il senso di fragilità e di impotenza, con una oscillazione
continua di sentimenti, dalla compassione alla rabbia, dalla disponibilità
all’insofferenza, dalla pazienza infinita alla totale intolleranza. È
conseguenza logica che anche i comportamenti del familiare diventino
contraddittori, con ricadute negative nel lavoro di cura e con l’aumento di
sensi di colpa e di disagio.
La
graduale riorganizzazione dei tempi, spazi e ruoli richiesta dall’assistenza al
familiare o amico con malattia di Alzheimer,
espone l’intero sistema familiare a pressioni e a confronti che
rischiano di destabilizzarlo, anche in modo drammatico. Possono emergere nuovi
conflitti, secondari a stanchezza, problemi economici o decisioni da prendere.
Sicuramente la demenza modifica lo stile di vita dell’intero sistema familiare.
Anche di fronte ad allucinazioni o
deliri, non è utile cercare di riportare il malato alla realtà, anzi questo
potrebbe essere peggiorativo. Immaginate che in questo momento qualcuno venga a
dirvi che il foglio che state leggendo non esiste: questo vi procurerebbe
ansia, cerchereste a vostra volta di convincere l’interlocutore del fatto che
il foglio esiste. Piuttosto, quindi, assecondate il bisogno del malato: se è
spaventato da ciò che vede rassicuratelo, se è sereno sorvolate. Ricordate
inoltre che su allucinazioni e deliri è possibile intervenire
farmacologicamente, per cui rivolgetevi al vostro centro di fiducia non appena
questi sintomi dovessero manifestarsi.
FAMIGLIA CON DISABILI
Le
famiglie con disabili devono affrontare eventi critici aggiuntivi rispetto ai
cicli di vita “normale”.
Non
è la forza o la gravità di ogni singolo evento a provocare le crisi difficili,
ma l’accumulo e la ripetitività degli stessi eventi.
In
queste famiglie si ha un maggior riscontro di :
- alta percentuale di separazioni
- distacco dalla vita attiva e di relazioni
- depressione
- nevrosi e disadattamento dei fratelli
Fattori
predittivi positivi: forte coesione familiare, modalità comunicative aperte,
tendenza e capacità di esprimere emozioni, incapacità di totalizzare la
malattia, incapacità di distaccarsi dalla malattia.
Fattori
di rischio: dimenticare i propri bisogni, chiusura e solitudine, totalizzazione
e appiattimento sulla malattia del figlio, incapacità di esprimere emozioni ,
incapacità di trovare interessi diversi
Il mancato adattamento si manifesta attraverso:
Rifiuto, iperprotezione
verso il figlio, iperesigenza
verso se stessi, dedizione
assoluta come modalità di espiazione,
negazione dell’handicap (minimizzazione del danno), rivendicazione (atteggiamento di
risarcimento).
DIAGNOSI DI CANCRO:
Evento
stressante cronico che può generare reazioni psicopatologiche.
Evento
che interviene bruscamente nella vita del soggetto alterando il suo equilibrio
psico-fisico.
Affrontare
il cancro significa trovarsi di fronte alla paura della morte, ed incide
profondamente nel suo senso di identità del soggetto e sulla sua visione del futuro.
IL COLLOQUIO PSICOLOGICO:
Diventa
il luogo in cui interrogarsi sulla possibilità di riuscire a vivere la propria
vita nell’unico tempo importante quello presente, indipendentemente dal tempo
che resta da vivere.
Il
supporto psicologico ha lo scopo di:
Di
alleviare la sofferenza legata ai momenti stressanti della malattia.
Potenziare
le strategie di coping
di pazienti e familiari.
La
malattia neoplastica sembra collocarsi nelle relazioni familiari come un evento
incomprensibile ed incontrollabile, imprevedibile per il paziente e per la sua
famiglia.
Costringe
nei casi più gravi ad una rapida riorganizzazione della struttura familiare.
Le
risposte di coping
dipendono dalle caratteristiche
relazionali esistenti prima della malattia, come la coesione, l’assenza di
conflittualità, l’espressività emotiva.
Le
reazioni emotive che si possono innescare di fronte alla diagnosi di cancro di
un proprio caro, spaziano dalla negazione al risentimento, dalla rabbia alla
depressione, in alcuni casi si possono cristallizzare dando luogo a una
psicopatologia.
Il
cancro viene considerato una malattia familiare, poiché coinvolge emotivamente
e praticamente tutti i membri della famiglia.
Il
cancro colpisce il corpo di un individui, ma ad ammalarsi è tutta la famiglia.
LA RELAZIONE DI COPPIA E IMPATTO SUL CONIUGE
Il
coniuge può reagire alla diagnosi di cancro della partner con livelli elevati
di ansia.
Si
può verificare a volte un’ allontanamento
emotivo del partner e difficoltà di comunicazione tra i coniugi, tutto ciò può
far insorgere una grossa conflittualità.
Si
richiede alla coppia un riadattamento di ruolo, che se non avviene può condurre
alla rottura di un legame.
Oppure
si creano dinamiche di iper-protezione,
o di false rassicurazioni, che portano all’isolamento emotivo, per paura di
ferire il proprio caro, mostrando la propria fragilità, ed è come se ognuno
soffrisse in una stanza separata.
La
qualità della vita si impronta sulle esigenze del malato, mantenendo anche i
ruoli e i compiti della propria esistenza, con conseguente affaticamento fisico
e percezione di sovraccarico.
REAZIONE DI UN GENITORE ALLA MALATTIA DI UN FIGLIO
La
malattia oncologica di un figlio è un evento traumatico per la coppia
genitoriale.
La diagnosi coglie i genitori impreparati e impotenti.
UNO SGUARDO AI FRATELLI
E’
naturale che l’attenzione degli adulti sia maggiormente focalizzata sui bisogni
del bambino malato, ed è altrettanto naturale che gli altri figli possano
sentirsi abbandonati, se non gelosi e al contempo essere preoccupati per il
fratello malato.
I
fratelli dei pazienti necessitano, quindi, di un adeguato spazio di espressione
e contenimento, per l’elaborazione delle sconosciute e difficili emozioni.
Bisogna
affrontare fin dall’inizio il disagio psico-emotivo
dei fratelli, per due scopi:
-Prevenire
l’insorgenza di sintomi psicopatologici
-reazione dei figli alla malattia di un genitore
I figli di pazienti affetti da neoplasia possono sviluppare durante o dopo l’iter
diagnostico-terapeutico del genitore, sintomi di disagio, molto a volte dipende
dalla capacità del genitore di reagire alla malattia e dall’informazioni
ricevute.
La
coppia genitoriale già minata dai problemi legati alla malattia, può non
cogliere il disagio del figlio, fino a che non sfocia in un chiaro sintomo
psicopatologico.
Potenziare
il ruolo di risorsa dei fratelli sani che possono essere per la famiglia
stessa.
La
reazione della famiglia dipende dall’organizzazione familiare e dalla
personalità dei singoli.
SPERO DI EVERE FATTO COSA GRADITA.
RIPORTANDO GLI ARGOMENTI TRATTATI NEL CORSO IN MODO CHE CIASCUNO LI POSSA FARE PROPRI.
VI ASPETTIAMO ALLA PROSSIMA LEZIONE DEL CORSO CHE SI TERRA' MARTEDI 18 NOVEMBRE 2014 SEMPRE IN COLLABORAZIONE CON LE MIE DUE COLLEGHE DOTT.SSA CLAUDIA CAPACCI E DOTT.SSA SIMONA SCOPETTA PRESSO LA SEDE AVULSS DI MONTE SAN GIUSTO.
VI LASCIO CON QUESTA BELLISSIMA FRASE
" NON BASTA INNAMORARSI.
SE DECIDI DI STARE CON QUALCUNO, NON E' COSI' SEMPLICE DEVI ANCHE PRENDERTENE CURA.
DEVI ANCHE RENDERLO FELICE.
DEVI ANCHE IMPARARE NCONTRO, QUANDO E' NECESSARIO. QUANDOO.
L'AMORE NON BASTA, NON BASTA.
CI SI DEVE ANCHE SOPPORTARE, SPESSO E VOLENTIERI.
CI SI DEVE TENERE STRETTI.
SOPRATTUTTO TENERE STRETTI."