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venerdì 30 maggio 2014

L'IMPORTANZA DELLE FIABE

 
Ogni fiaba è fatta di immagini, un po' come le poesie; per questo arriva alla nostra interiorità, si colloca in quella terra di nessuno che è il confine tra la ragione e la fantasia, tra la veglia e il sonno, tra la luce e il buio.
Le fiabe sono l'espressione più pura e semplice dei processi psichici dell'inconscio collettivo, il linguaggio della fiaba sembra essere il linguaggio di tutta l'umanità, di tutte le razze e civiltà.
Se c'è una forma culturale al mondo con cui tutti gli esseri umani da sempre hanno avuto e hanno una certa familiarità, una forma culturale che può sembrare semplice e d'immediata comprensione questa è la fiaba.
Tuttavia è necessario fare i conti con l'assoluta complessità del genere forse a volte trascurato o confusamente compreso dalla storia della letteratura.
La fiaba trasmette come messaggio quello che soltanto chi non scappa impaurito dalle difficoltà che la vita ci pone può riuscire a superare gli ostacoli e uscirne vittorioso.
Nella fiaba sono le qualità umane ad essere ricompensate.
In una società come la nostra dove non si riconoscono più dei valori universali in cui credere e sui quali costruire la propria esistenza, credo che la fiaba possa offrire un grande contributo all'umanità attraverso il suo messaggio di speranza e ottimismo.
Le fiabe come i racconti e i romanzi, nascono dalla volontà dell'uomo di comunicare con altri uomini di diffondere e tramandare l'esperienza del bene e quella del male. In una parola: la vita.
Il linguaggio delle fiabe è quello dei narratori del popolo, in genere molto semplice a volte un po' sgrammaticato, ricco di modi di dire.
In Italia dal '600 ci furono degli scrittori che incominciarono a rielaborare le fiabe e a trascriverle usando un linguaggio più raffinato, nacque così la fiaba d'autore che divenne un vero e proprio genere letterario, fra gli autori più famosi di fiabe ricordiamo Giovan Batista Basile e Italo Calvino, in Germani vi furono i fratelli Grimm, in Francia Perrault.
La fiaba non va confusa con la favola, perché si tratta di genere narrativi diversi, nonostante derivino dallo stesso verbo latino " fari" che significa "raccontare".
Il messaggio della favola è sostanzialmente pessimistico sulla natura umana e non esclude la possibilità che vinca il più forte sul più debole; invece la fiaba è un racconto sempre a lieto fine.
La favola è un apologo, cioè un racconto essenziale privo di dettagli, che all'interno di una narrazione fantastica che ha per protagonisti gli animali rappresenta i vizi e le virtù di quest'ultimi, e racchiude un insegnamento pratico; la morale di solito è espressa all'inizio o alla fine del racconto.
Il tema di denuncia presente nella favola non presenta mai un progetto di cambiamento, vi è infatti una sorta di fatalismo.
 
PERCHE' LEGGERE LE FIABE AI BAMBINI?
 
La fiaba, come afferma Bruno Bettelheim, permette ai bambini di affrontare una serie di eventi negativi ( crudeltà, morte, abbandono...) corrispondenti alle paure reali del bambino.
Il bambino trova nella fiaba un importante momento di liberazione dalle proprie angosce.
La fiaba insegna al bambino come superare gli ostacoli della sua vita senza aggirarli, indirizza il bambino verso la scoperta della sua identità.
La fiaba suggerisce che una vita gratificante e positiva è alla portata di ciascuno nonostante le avversità.
Un bambino si fida di quanto detto dalla fiaba, perché la visione del mondo della fiaba concorda con la sua.
Le fiabe, oltre ad indicare la via verso un futuro migliore, si concentrano sul processo di trasformazione, invece di descrivere in maniera particolareggiata la felicità che alla fine verrà conquistata.
Ciò che è importante ricordare è che la fiaba non consiglia mai, ne esige o dice esplicitamente.
Nella fiaba tutto è detto in modo simbolico.
La fiaba presenta il problema e la soluzione del problema nell'unico linguaggio comprensibile al bambino quello della fantasia.
Molto spesso capita che i bambini amino una certa fiaba in un determinato periodo periodo e vogliono sempre e solo quella, questo perché è in quel momento è quella la loro fiaba, quella che parla del problema che da più vicino riguarda loro.
Se il genitore racconta con il giusto spirito le fiabe, il bambino mentre ascolta si sente compreso nei suoi più delicati sentimenti, ne suoi più ardenti desideri, nelle sue più gravi ansie e angosce.
Dare al bambino la convinzione che dopo tutte le sue fatiche un mondo meraviglioso l'attende, significa dargli la forza di crescere bene , sicuro, con senso di fiducia e rispetto verso se stesso.



martedì 27 maggio 2014

" PSICHE E CORPO: INSIEME PER UN INVECCHIAMENTO IN EQUILIBRO"

Venerdì 23 Maggio 2014 alle 21:30, si è tenuto nel Comune di Corridonia (MC) il seminario di psicologia in collaborazione con AVULSS di Corridonia, in cui si è trattato il processo di invecchiamento, i sintomi che caratterizzano la demenza e la sindrome del caregiver.
Io, Dott.ssa Jessica Ferrante e la Dott.ssa Claudia Capucci ringraziamo tutti i partecipanti e proviamo qui di seguito a riassumere i concetti trattati, in modo che tutti li possano in tal modo fare propri.

L'invecchiamento è visto e concepito in modo differente a seconda della cultura di appartenenza : in Africa l'anziano è considerato un saggio, in Asia l'anziano è l'espressione di un cammino cumulativo di perfezionamento universale, nella cultura occidentale la popolazione cosiddetta della terza età viene lasciata in una lenta e dolorosa e progressiva emarginazione.
La Demenza oggi rappresenta una delle principali patologie con cui il sistema familiare e la società in genere è chiamata a confrontarsi.
Delineiamo alcune caratteristiche essenziali della Demenza:
La Demenza è una patologia caratterizzata da una molteplicità di deficit cognitivi, che va ad alterare le seguenti facoltà:
  • MEMORIA: i soggetti hanno difficoltà ad apprendere nuove informazioni, a richiamare alla memoria informazioni già immagazzinate.
  • AFASIA, alterazione del funzionamento del linguaggio, che si manifesta nella difficoltà a ricordare nomi di oggetti e persone, uso eccessivo di termini indefiniti "questo e quello". Difficoltà a comprendere i discorsi dei pazienti.
  • AGNOSIA, incapacità di riconoscere oggetti in presenza di un'acuità visiva nella norma, che nei casi più gravi diventa una difficoltà di riconoscere i propri familiari i propri ambienti.
  • APRASSIA, incapacità di eseguire serie motorie semplici, come apparecchiare la tavola, farsi il segno della croce.
  • ALTERAZIONE DEL FUNZIONAMENTO ESECUTIVO, le capacità intellettive superiori si compromettono, risulta così difficile programmare la giornata o le azioni per il raggiungimento di un obiettivo, viene mano la capacità di astrazione e la flessibilità cognitiva.
E' bene ricordare che non si diventa per così dire vecchi e dementi, ma che la Demenza è espressione di una patologia sottostante come la Malattia di Alzheimer, la Demenza Vascolare o a Malattia di Parkinson .
Ad esasperare un quadro cosi complesso , vi sono i cosiddetti sintomi non cognitivi della Demenza, il soggetto può diventare aggressivo, agitato o apatico , depresso e man mano quelle che erano le sue attività sociali e lavorative vengono compromesse.
Possono essere , inoltre, presenti deliri e allucinazioni nella persona, ad esempio vede persone che non ci sono o ancora si convince di cose che non esistono .
Il disorientamento spaziale e temporale tipico della demenza, fa si che la persona si perda in luoghi conosciuti o che creda di vivere al tempo della sua infanzia.
Il mancato e scarso controllo in particolare di questi sintomi spingo i familiari all'istituzionalizzazione del paziente.
Sono ormai noti gli aspetti che rendono la demenza una patologia a carattere familiare, che richiede alla famiglia di adattarsi alla nuova situazione mobilitando le risorse che ha a disposizione; la famiglia infatti rappresenta ancora oggi il luogo privilegiato per la cura.
E' bene ricordare che colui che si prende cura del malato, il cosiddetto "Caregiver" non deve diventare esclusivo, ma deve potersi concedere degli spazi per sé, poiché un caregiver frustrato sarà incapace di prendersi cura adeguatamente del malato, poiché sarà meno empatico , mostrerà un ascolto meno attivo  e ciò farà si che dall'altra parte anche l'anziano si sentirà incompreso ed esaspererà i suoi sintomi, andremo così a creare un circolo vizioso dal quale risulta davvero difficile uscire.
Un altro problema importante in questa fase è dato dal fatto che il caregiver non riconosce più nella persona di cui si sta prendendo cura la moglie o il marito, la madre o il padre con cui ha condiviso una vita, e il malato non riconosce con il progredire della malattia i suoi stessi familiari.
Ciò fa si che ci si sente derubati dei ricordi , della propria storia affettiva.
Alcune convinzioni deliranti, sono lette dai familiari come un attacco nei loro confronti, ad esempio la convinzione del malato che qualcuno gli abbia rubato dei soldi, quando invece l'ha semplicemente messi in un cassetto e non se ne ricorda.
Ricordatevi che quello è un sintomo della malattia! E' utile che il caregevir sia consapevole e accetti il fatto che il proprio caro è ammalato e che il suo comportamento patologico non è intenzionale.
E' bene ricordare a se stessi che si è una risorsa fondamentale per il malato, informatevi sulla malattia, riconoscete i vostri limiti , condividete le vostre emozioni negative e vostri vissuti di difficoltà all'interno del nucleo familiare a anche per mezzo dei gruppi di sostegno psicologico.

GRAZIE ATUTTI i partecipanti del seminario.
Dott.ssa Jessica Ferrante