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venerdì 7 novembre 2014

CORSO DI FORMAZIONE PER IL VOLONTARIATO
AVULSS DI MONTE SAN GIUSTO
6 NOVEMBRE 2014
 
 
Ieri si è tenuto presso il Comune di Monte San Giusto (MC) il corso per il volontariato dell'AVULSS in cui si è dedicato ampio spazio ad argomenti psicologici, quali: il bisogno, il processo comunicativo, la relazione ; per poi approfondire tre tipi di patologie con cui il volontario AVULSS si troverà nel corso della sua opera a confrontarsi, esse sono : la demenza, il cancro e la famiglia con soggetti disabili. Come abbiamo ribadito ieri, il volontario di qualsiasi tipo sia va apprezzato, sostenuto, ammirato per la sua capacità di donarsi, ma è pur vero che le sue azioni devono essere consapevoli e corrette e ciò non può prescindere da un'adeguata formazione e conoscenza delle malattie con cui entrerà in contatto.
 
Il ruolo della psiche nel determinare lo stato di salute o di malattia è stato riconosciuto con l'entrata in campo medico-psicologico di un nuovo modello : l'approccio bio-psico-sociale alla salute di Engel.
Il modello bio-psico-sociale della salute pone fine alla visione di tipo riduzionistica della malattia, tipica dell'approccio medico.
L'organizzazione mondiale della salute arriva a definire lo stato di salute come uno stato di benessere non solo fisico ma psichico e sociale e non solamente assenza di malattia e infermità.
Qualsiasi ospedalizzazione per qualsiasi patologia costituisce pertanto una interruzione, un salto, la rinuncia ad una progettualità che in alcuni casi potrà essere ripresa in tempi brevi e con facilità, mentre in altri dovrà intendersi definitivamente interrotta, ponendo pertanto la necessità di una nuova, dolorosa, difficile riformulazione. In ogni caso la condizione di malato rende necessaria la capacità di adattamento.
Interventi psicologici specifici e mirati sia in favore del paziente che dei familiari possono contribuire in maniera determinante a favorire il processo di accettazione, adattamento e reazione alla patologia, favorendo la necessaria compliance con l’equipe curante, sostenendo il paziente sul piano emotivo in considerazione anche di alcuni particolari momenti in cui deve affrontare ed effettuare delle scelte delle quale rimane comunque titolare.
 
DEMENZA
 
I DISTURBI DESCRITTI NELLA SEZIONE “ DEMENZA”SONO CARATTERIZZATI DALLA SVILUPPO DI MOLTEPLICI DEFICIT COGNITIVI ( INCLUSA COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA ).
LA CARATTERISTICA ESSENZIALE DI UNA DEMENZA è LO SVILUPPO DI MOLTEPLICI DEFICIT COGNITIVI CHE COMPRENDONO COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA E ALMENO UNA DELLE SEGUENTI ALTERAZIONI COGNITIVE: AFASIA, APRASSIA, AGNOSIA, E UN’ALTERAZIONE DEL FUNZIONAMENTO ESECUTIVO.
LA COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA è RICHIESTA PER FARE DIAGNOSI  DI DEMENZA, ED è UN SINTOMO PRECOCE RILEVANTE.
  1.  i soggetti con demenza vanno incontro a compromissione della capacità di apprendere nuove informazioni, o dimenticano nozioni precedentemente apprese. La maggior parte dei soggetti con demenza  hanno entrambe le forma di compromissione della memoria
  2. il deterioramento delle funzioni del linguaggio (afasia) può essere manifestato dalle difficoltà di ricordare i nomi di individui o oggetti.
 L’eloquio può diventare vago e vuoto, uso eccessivo di termini indefiniti come “cosa” e “questo”, oppure possono manifestare , negli stadi più avanzati l’eloquio può essere anche deteriorato e presentare palilalia ( ripetizioni di parole più volte).
LA COMPROMISSIONE DELLA MEMORIA è RICHIESTA PER FARE DIAGNOSI  DI DEMENZA, ED è UN SINTOMO PRECOCE RILEVANTE.
  i soggetti con demenza vanno incontro a compromissione della capacità di apprendere nuove informazioni, o dimenticano nozioni precedentemente apprese. La maggior parte dei soggetti con demenza  hanno entrambe le forma di compromissione della memoria
il deterioramento delle funzioni del linguaggio (afasia) può essere manifestato dalle difficoltà di ricordare i nomi di individui o oggetti.
L’eloquio può diventare vago e vuoto, uso eccessivo di termini indefiniti come “cosa” e “questo”, oppure possono manifestare , negli stadi più avanzati l’eloquio può essere anche deteriorato e presentare palilalia ( ripetizioni di parole più volte).
 
Contrariamente a quanto si pensi comunemente, la demenza non fa parte della normale evoluzione di un invecchiamento fisiologico; ciò significa che la demenza, a qualunque età, è sempre espressione di una patologia sottostante.
Esistono diverse forme di demenza; la più frequente è quella dovuta alla Malattia di Alzheimer, che si riscontra nel 50% dei casi; la seconda in ordine di frequenza è la Demenza Vascolare, causata dall’arteriosclerosi dei vasi cerebrali ed in particolare dalle piccole lesioni cerebrali di tipo ischemico che si verificano in questa condizione; la Demenza Vascolare si può prevenire con un corretto controllo dei fattori di rischio, come l’Ipertensione Arteriosa, il diabete e l’aumento del colesterolo.
ØI soggetti con demenza possono presentare APRASSIA ,  cioè incapacità di eseguire attività motorie.
 Essi risulteranno impacciati nella capacità di mimare l’uso di oggetti ( pettinare i capelli, farsi il segno della croce)
 L’aprassia può accentuare le difficoltà di cucinare , di vestirsi, di disegnare ( disegnare due pentagoni che si intersecano ).
ØI soggetti con demenza possono presentare AGNOSIA ( cioè incapacità di riconoscere o identificare oggetti nonostante le funzioni sensorieli siano preservate.
Normale acuità visiva ma perdita della capacità di riconoscere oggetti ( chiedere di dire il nome di un ogetto che mostro: penna o orologio)
TALVOLTA POSSONO ESSERE INCAPACI DI RICONOSCERE I LORO FAMILIARI.
 
NELLA DEMENZA SI COMPROMETTONO LE FUNZIONI ESECUTIVE
Dovuto al deterioramento dei LOBI FRONTALI.
ALLA CORTECCIA PREFRONTALE SONO ATTRIBUITE LE FUNZIONI INTELLETTIVE SUPERIORI, COME:
PLANNING: valutare, pianificare, programmare strategie per l’esecuzione di un compito.
UPDATING: aggiornare il contenuto della memoria di lavoro per conseguire una meta.
SHIFTING: passare da un concetto ad un altro in risposta ai cambiamenti delle richieste ambientali.
INHIBITION: inibire informazioni irrelevanti per la risoluzione di un compito o inibire risposte automatiche non congrue alle richieste ambientali.
Un indebolimento delle funzioni cognitive comporta negli anziani: inefficiente pianificazione, maggior latenza nella risoluzione dei problemi, maggior suscettibilità all’interferenza, comportamenti perseveratori che indicano una mancanza di flessibilità cognitiva.
I soggetti con demenza possono andare incontro a disorientamento nello spazio
La capacità critica e l’introspezione sono carenti ( possono fare valutazioni non realistiche circa  le loro capacità, o piani che non sono congruenti con i loro deficit, possono sottovalutare certe rischi che comportano certe attività ( per esempio guidare ).
Possono mettere in atto alcuni comportamenti aggressivi
Possono mostrare un comportamento disinibito, fare scherzi inappropriati, trascurare l’igiene personale, esibire una familiarità non dovuta con estranei.
Associato ad ansia, turbe dell’umore e del sonno
SONO PRESENTI DELIRI ( SPESSO SONO CONVINTI CHE GLI ALTRI GLI RUBINO OGGETTI PERSONALI, MAGARI MESSI IN POSTI SBAGLIATI
IL MANCATO E SCARSO CONTROLLO DI QUESTI ELEMENTI SINTOMATICI è IL PRINCIPALE MOTORE DELLA RICHIESTA DI INTERVENTO MEDICO E RICOVERO OSPEDALIERO, FINO ALL’ISTITUZZIONALIZZAZIONE.
TRA I PRINCIPALI PROBLEMI COMPORTAMENTALI L’AGGRESSIVITA’ , L’IRRIQUIETEZZA, L’IRRITABILITA’ E I DISTURBI DEL SONNO SONO GLI ELEMENTI CHE PIU’ PRECOCEMENTE RENDONO DIFFICILE LA GESTIONE DEL PAZIENTE ANZIANO, SIA ESSO RIFERIBILE AD UN QUADRO SOLAMENTO DEPRESSIVO O COMPLICATO DA DEFICIT COGNITIVO.
 
 IL DISTURBO DEPRESSIVO MEGGIORE
IN TAL CASO I DEFICIT DI MEMORIA , DIFFICOLTà DEL PENSIERO E DELLA CONCENTRAZIONE, E RIDUZIONE DELLE FACOLTà INTELLETTIVE IN GENERALE SONO LA CONSEGUENZA DELLA DEPRESSIONE E NON DELLA DEMENZA.
Da segnalare come la presenza di un deficit cognitivo sia del tutto compatibile con la diagnosi di disturbo psichiatrico, tuttavia i disturbi d’ansia sembrano più caratterizzati da i deficit di memoria a breve termine , mentre la depressione va a compromettere maggiormente le funzioni esecutive.
ØSembra dunque essere confermata l’ipotesi che la depressione possa essere un fattore di rischio per la demenza
RICONOSCERE PRESTO LA DEMENZA
E’ molto importante diagnosticare la malattia il più presto possibile; purtroppo infatti la prima di malattia è quella più subdola, in cui il malato stesso, rendendosi conto molto spesso per primo delle sue mancanze e vergognandosi (spesso perché si sentevecchio” o perché ha paura che di perdere la fiducia dei propri cari o dei propri colleghi) tende a mascherarle In questo modo spesso i familiari ritardano il riconoscimento dei primi sintomi, o credono che il loro caro stia attraversando un periodo di depressione.
DIECI CAMPANELLI D'ALLARME:
1- la persona va spesso in confusione ed ha vuoti di memoria
2- non riesce a fare più le cose di tutti i giorni
3- fatica a trovare le parole giuste
4- a volte sembra che perda il senso dell’orientamento in luoghi conosciuti
5- indossa un abito sopra l’altro come se non sapesse vestirsi
6- ha grossi problemi con i soldi e con i calcoli
7- ripone oggetti in posti strani
8- ha improvvisi ed immotivati sbalzi d’umore
9- ha cambiato il suo carattere
10- ha sempre meno interessi e spirito di iniziativa
 
DEMENZA PATOLOGIA A CARATETRE FAMILIARE?
Sono ormai noti gli aspetti che rendono la demenza una patologia a carattere anche familiare.
La complessità della cura, l’impegno costante reso più problematico da una rete dei servizi ancora inadeguata, le implicazioni su di un piano relazionale ed emozionale, i costi economici diretti e indiretti, mettono a dura prova l’equilibrio psicofisico del caregiver e dell’intero nucleo familiare, a sua volta in continua evoluzione.
La famiglia, infatti, è ancora il luogo privilegiato della cura nel nostro paese, ma non è più il “contenitore” stabile di un tempo. L’obiettivo che ci si propone è di delineare le problematiche che il caregiver si trova ad affrontare nelle diverse fasi di malattia, evidenziando come la progressione della patologia, ma non solo, attivi differenti coinvolgimenti emozionali e relazionali, che rendono ancora più complesso un compito già di per sé faticoso e difficile.
Inoltre, va ricordato che il caregiver principale non deve diventare esclusivo, ma deve poter concedersi dei momenti per vivere altri ruoli relazionali importanti e per dedicarsi a se stesso e ai propri interessi. Avere degli spazi personali in cui sentirsi gratificato è fondamentale per potersi relazionare meglio con il malato. Un caregiver insoddisfatto e frustrato rischia di diventare inefficace e dannoso per il malato stesso. Un familiare privo di soddisfazioni e gratificazioni riduce le sue capacità di empatia, ascolto, calma che sono importantissime nella relazione con il proprio caro.
Un malato incompreso diventa molto più difficile da gestire perché sentendosi frustrato svilupperà più facilmente comportamenti difficili, aumentando lo stress del caregiver. Questo processo può incrementarsi fino a portare ad una frattura nella relazione di cura. In queste situazioni è bene che il caregiver espliciti le proprie difficoltà di gestione e condivida con gli altri membri della famiglia e con gli altri curanti i propri stati emotivi ed eventualmente la scelta di modalità assistenziali diverse.
Un problema rilevante e doloroso in questa fase è dato dalla difficoltà del riconoscimento reciproco.
Il caregiver non riconosce nel malato la persona di sempre in particolare in presenza di comportamenti o reazioni fortemente dissimili da quelle note, mentre il paziente, con il progredire della malattia, non riconosce più i familiari e l’ambiente che lo circonda.
 Se è vero che senza memoria non c’è identità anche chi non è riconosciuto dopo una vita trascorsa insieme, rischia di sentirsi derubato non solo del rapporto ma anche della sua stessa storia affettiva.
Altro tema che emerge di frequente nei gruppi di sostegno è l’imprevedibilità e l’assurdità dei comportamenti del paziente, spesso associati a sintomi non cognitivi, che mettono a dura prova la qualità del legame.
Alcune convinzioni deliranti sono lette dai familiari come malevole nei propri confronti, mentre i comportamenti aggressivi o oppositivi e la labilità emotiva sono interpretati come intenzionali e quindi possono attivare pesanti simmetrie.
Nelle famiglie ad alta emotività espressa , dove sono elevati l’ipercoinvolgimento, il criticismo e l’ostilità, la situazione diventa ingestibile ed è facile il ricorso alla istituzionalizzazione del paziente.
La variabilità dei comportamenti del malato invece aumenta nel caregiver il disorientamento e il senso di fragilità e di impotenza, con una oscillazione continua di sentimenti, dalla compassione alla rabbia, dalla disponibilità all’insofferenza, dalla pazienza infinita alla totale intolleranza. È conseguenza logica che anche i comportamenti del familiare diventino contraddittori, con ricadute negative nel lavoro di cura e con l’aumento di sensi di colpa e di disagio.
La graduale riorganizzazione dei tempi, spazi e ruoli richiesta dall’assistenza al familiare o amico con malattia di Alzheimer,  espone l’intero sistema familiare a pressioni e a confronti che rischiano di destabilizzarlo, anche in modo drammatico. Possono emergere nuovi conflitti, secondari a stanchezza, problemi economici o decisioni da prendere. Sicuramente la demenza modifica lo stile di vita dell’intero sistema familiare.
Anche di fronte ad allucinazioni o deliri, non è utile cercare di riportare il malato alla realtà, anzi questo potrebbe essere peggiorativo. Immaginate che in questo momento qualcuno venga a dirvi che il foglio che state leggendo non esiste: questo vi procurerebbe ansia, cerchereste a vostra volta di convincere l’interlocutore del fatto che il foglio esiste. Piuttosto, quindi, assecondate il bisogno del malato: se è spaventato da ciò che vede rassicuratelo, se è sereno sorvolate. Ricordate inoltre che su allucinazioni e deliri è possibile intervenire farmacologicamente, per cui rivolgetevi al vostro centro di fiducia non appena questi sintomi dovessero manifestarsi.
FAMIGLIA CON DISABILI
Le famiglie con disabili devono affrontare eventi critici aggiuntivi rispetto ai cicli di vita “normale”.
Non è la forza o la gravità di ogni singolo evento a provocare le crisi difficili, ma l’accumulo e la ripetitività degli stessi eventi.
In queste famiglie si ha un maggior riscontro di :
 
  • alta percentuale di separazioni
  • distacco dalla vita attiva e di relazioni
  • depressione
  • nevrosi e disadattamento dei fratelli
Fattori predittivi positivi: forte coesione familiare, modalità comunicative aperte, tendenza e capacità di esprimere emozioni, incapacità di totalizzare la malattia, incapacità di distaccarsi dalla malattia.
Fattori di rischio: dimenticare i propri bisogni, chiusura e solitudine, totalizzazione e appiattimento sulla malattia del figlio, incapacità di esprimere emozioni , incapacità di trovare interessi diversi
Il mancato adattamento si manifesta attraverso:
Rifiuto,  iperprotezione verso il figlio,  iperesigenza verso se stessi, dedizione assoluta come modalità di espiazione,  negazione dell’handicap (minimizzazione del danno),  rivendicazione (atteggiamento di risarcimento).
 
DIAGNOSI DI CANCRO:
Evento stressante cronico che può generare reazioni psicopatologiche.
Evento che interviene bruscamente nella vita del soggetto alterando il suo equilibrio psico-fisico.
Affrontare il cancro significa trovarsi di fronte alla paura della morte, ed incide profondamente nel suo senso di identità del soggetto e sulla  sua visione del futuro.
IL COLLOQUIO PSICOLOGICO:
Diventa il luogo in cui interrogarsi sulla possibilità di riuscire a vivere la propria vita nell’unico tempo importante quello presente, indipendentemente dal tempo che resta da vivere.
 
Il supporto psicologico ha lo scopo di:
Di alleviare la sofferenza legata ai momenti stressanti della malattia.
Potenziare le strategie di coping di pazienti e familiari.
 
La malattia neoplastica sembra collocarsi nelle relazioni familiari come un evento incomprensibile ed incontrollabile, imprevedibile per il paziente e per la sua famiglia.
Costringe nei casi più gravi ad una rapida riorganizzazione della struttura familiare.
Le risposte di coping dipendono dalle caratteristiche relazionali esistenti prima della malattia, come la coesione, l’assenza di conflittualità, l’espressività emotiva.
Le reazioni emotive che si possono innescare di fronte alla diagnosi di cancro di un proprio caro, spaziano dalla negazione al risentimento, dalla rabbia alla depressione, in alcuni casi si possono cristallizzare dando luogo a una psicopatologia.
Il cancro viene considerato una malattia familiare, poiché coinvolge emotivamente e praticamente tutti i membri della famiglia.
Il cancro colpisce il corpo di un individui, ma ad ammalarsi è tutta la famiglia.
 
LA RELAZIONE DI COPPIA E IMPATTO SUL CONIUGE
Il coniuge può reagire alla diagnosi di cancro della partner con livelli elevati di ansia.
Si può verificare a volte un’ allontanamento emotivo del partner e difficoltà di comunicazione tra i coniugi, tutto ciò può far insorgere una grossa conflittualità.
Si richiede alla coppia un riadattamento di ruolo, che se non avviene può condurre alla rottura di un legame.
Oppure si creano dinamiche di iper-protezione, o di false rassicurazioni, che portano all’isolamento emotivo, per paura di ferire il proprio caro, mostrando la propria fragilità, ed è come se ognuno soffrisse in una stanza separata.
La qualità della vita si impronta sulle esigenze del malato, mantenendo anche i ruoli e i compiti della propria esistenza, con conseguente affaticamento fisico e percezione di sovraccarico.
 
REAZIONE DI UN GENITORE ALLA MALATTIA DI UN FIGLIO
La malattia oncologica di un figlio è un evento traumatico per la coppia genitoriale.
La diagnosi coglie i genitori impreparati e impotenti.
 
UNO SGUARDO AI FRATELLI
E’ naturale che l’attenzione degli adulti sia maggiormente focalizzata sui bisogni del bambino malato, ed è altrettanto naturale che gli altri figli possano sentirsi abbandonati, se non gelosi e al contempo essere preoccupati per il fratello malato.
I fratelli dei pazienti necessitano, quindi, di un adeguato spazio di espressione e contenimento, per l’elaborazione delle sconosciute e difficili emozioni.
Bisogna affrontare fin dall’inizio il disagio psico-emotivo dei fratelli, per due scopi:
-Prevenire l’insorgenza di sintomi psicopatologici
-reazione dei figli alla malattia di un genitore
 
 I figli di pazienti affetti da neoplasia possono sviluppare durante o dopo l’iter diagnostico-terapeutico del genitore, sintomi di disagio, molto a volte dipende dalla capacità del genitore di reagire alla malattia e dall’informazioni ricevute.
La coppia genitoriale già minata dai problemi legati alla malattia, può non cogliere il disagio del figlio, fino a che non sfocia in un chiaro sintomo psicopatologico.
Potenziare il ruolo di risorsa dei fratelli sani che possono essere per la famiglia stessa.
La reazione della famiglia dipende dall’organizzazione familiare e dalla personalità dei singoli.
 
SPERO DI EVERE FATTO COSA GRADITA.
RIPORTANDO GLI ARGOMENTI TRATTATI NEL CORSO IN MODO CHE CIASCUNO LI POSSA FARE PROPRI.
VI ASPETTIAMO ALLA PROSSIMA LEZIONE DEL CORSO CHE SI TERRA' MARTEDI 18 NOVEMBRE  2014  SEMPRE IN COLLABORAZIONE CON LE MIE DUE COLLEGHE DOTT.SSA CLAUDIA CAPACCI E DOTT.SSA SIMONA SCOPETTA  PRESSO LA SEDE AVULSS DI MONTE SAN GIUSTO.
VI LASCIO CON QUESTA BELLISSIMA FRASE
 " NON BASTA INNAMORARSI.
SE DECIDI DI STARE CON QUALCUNO, NON E' COSI' SEMPLICE DEVI ANCHE PRENDERTENE CURA.
DEVI ANCHE RENDERLO FELICE.
DEVI ANCHE IMPARARE NCONTRO, QUANDO E' NECESSARIO. QUANDOO.
L'AMORE NON BASTA, NON BASTA.
CI SI DEVE ANCHE SOPPORTARE, SPESSO E VOLENTIERI.
CI SI DEVE TENERE STRETTI.
SOPRATTUTTO TENERE STRETTI." 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


sabato 16 agosto 2014

DEPRESSIONE POST-PARTUM COS' E' E COME DIFENDERSI

Era un po' che non scrivevo più niente nel mio blog, così mentre mi prendevo un po' di pausa dal lavoro e mi godevo l'estate al mare.
Ho pensato vedendo le spiagge popolate di adorabili future mamme con il loro pancioni bellissimi di scrivere qualche riga sulla depressione post-partum.
I mesi dopo il parto talvolta possono risultare difficili a causa di un incomprensibile senso di depressione che può assalire le neo-mamme.
I segni della depressione post- partum a volte si manifestano subito, talora a distanze di settimane.
Questi i più comuni:
- voglia di piangere, senso di inadeguatezza, tristezza;
- irrequietezza, irritabilità, insonnia;
- mancanza di energie, perdita di interesse, difficoltà di concentrazione;
- preoccupazione costante e immotivata per il bimbo, paura di potergli fare del male, o al contrario disinteresse per il neonato;
- perdita di appetito, mal di testa, disturbi gastrointestinali.
 
Ancora non si conoscono bene i motivi che possano condurre ad una depressione post-partum; sicuramente una storia di depressione precedente alla gravidanza e la comparsa di sintomi depressivi durante i mesi centrali della gravidanza ( disturbi del sonno, calo dell'energia, variazione dell'appetito); ciò non deve portare a pensare che la gravidanza possa essere un evento patologico per la psiche : la sensazione di inadeguatezza, la solitudine e la voglia di piangere dopo il parto sono normali e nella maggior parte dei casi non sfociano in nulla di più serio.
E' importante distinguere gli episodi di alterazione dell'umore nel post-partum dalla baby blues, che è una tristezza che attanaglia 7 mamme su 10 ma che passa in breve tempo ; la differenza sta nella durata dei sintomi e nel fatto che se si trattasse di depressione post-partum i sintomi andrebbero ad impedire e ad ostacolare la capacità di svolgere le varie attività quotidiane.
Il guaio è che troppe donne non arrivano a chiedere aiuto in maniera tempestiva, quando magari la depressione è leggera e se la trascinano per mesi finchè la risolvano da sé o esplode a distanza di anni, affrontare il disturbo con serenità è sicuramente l'arma vincente e con la forza di non tirarsi indietro di fronte le difficoltà come noi donne sappiamo fare il più delle volte!

domenica 27 luglio 2014

http://nicolapiccinini.it/una-terapia-psicologia-non-costa-niente/2014/07/
Volevo condividere con voi questo link che mi sembra interessantissimo , voi cosa ne pensate ?
Io penso che della psicologia ce ne sia sempre più bisogno nei più disparati campi e che essa sia ovunque , ma a volte fa più comodo che rivesta ruoli marginali .... Con grande rammarico per chi la potrebbe far diventare una grande risorsa da condividere !
Buona serata .

mercoledì 9 luglio 2014

L' ESAME DI STATO PER L'ABILITAZIONE ALLA PROFESSIONE DI PSICOLOGO

L'esame di stato per l'abilitazione alla professione di psicologo rappresenta un ostacolo che si frappone tra il tirocinio post-lauream con cui si chiude in qualche modo " i ponti " con l'università e la professione vera e propria.
E' un momento che racchiude forti aspettative, ansie per le prove ma soprattutto per la mole di studio indefinita, ciò che mette preoccupazione a volte è il non sapere neppure di cosa tratteranno le diverse prove che caratterizzano l'esame di stato e poiché ci troviamo senza a volte libri di riferimento, ci sembra di venir catturati da un panico dal quale è difficile uscire.
Proviamo a definire un po' meglio le caratteristiche dell'esame di stato.
L'esame di stato per l'abilitazione alla professione di psicologo può essere effettuato in diverse sedi universitarie, la scelta della sede può essere il risultato di diversi fattori: la sede può essere la stessa o diversa da quella in cui ci siamo laureate, può dipendere dal tempo che intercorre da una prova ad un'altra, dal tipo di orientamento che un Università può avere rispetto ad un altra, o si può basare su dei miti che si trasmettono da generazione in generazione si parla infatti di sedi in cui l'esame può risultare più facile o più difficile ( non entrerò in merito a questa discussione).
Sicuramente l'esame di stato richiede grande impegno, ma il percorso se affrontato nella giusta maniera porta con sé anche soddisfazioni, ampliamento di conoscenze e capacità di concretizzare la mole di conoscenze psicologiche apprese negli anni in qualcosa di più concreto ( imparando la stesura dei progetti in psicologi, una eventuale modalità di lettura di un caso clinico,ecc).
La prima prova dell'esame di stato consiste nella stesura di un tema riguardante un argomento di Psicologia Generale, che verrà estratto il giorno stesso della prima prova su tre scelti dalla commissione giudicatrice.
Il tema solitamente può riguardare un tema di Psicologia Generale ,Psicologia dello Sviluppo o Psicologia Sociale.
Solitamente la Commissione richiede di sviluppare dei punti : definizione generale dell'argomento, principali autori di riferimento di una o due teorie che si vogliono approfondire in merito all'argomento ( esempio esce l'apprendimento definisco il condizionamento classico), un esperimento che vada a validare l'ipotesi dei ricercatori, eventualmente test per misura il costrutto di cui stiamo parlando, un ambito applicativo riferito alla teoria approfondita.
Il tutto deve essere il più possibile coerente.
Consiglierei quindi di studiare stendendo già dei temi in cui seguite la seguente scaletta in modo da procedere per ordine e in maniera organizzata, ovviamente approfondite più di una teoria per argomento seguendo sempre la scaletta, per far questo affidatevi a dei buoni manuali di Psicologia Generale che magari avete già utilizzato all'Università, approfondendo anche su libri specifici all'argomento in cui vi siete concentrati.
questa può essere una modalità , ma ognuno ha un proprio metodo personalizzato.
La seconda prova riguarda la stesura di un progetto in psicologia, che può essere sia un progetto di sostegno , che di prevenzione o di riabilitazione e può riguardare anche qui diversi ambiti sociale, clinico o evolutivo, del lavoro.
La stesura del progetto segue diverse linee: analisi del contesto o premessa, obiettivi generali e specifici, destinatari diretti o indiretti, modello teorico di riferimento con rispettiva metodologia utilizzata, fasi, tempi e attività, risorse economiche e umana utilizzata, limiti e vincoli, costi, valutazione ex ante, in itinere ed ex post.
In commercio si trovano diversi manuali che spiegano cos'è e come si stendono i progetti in psicologia o manuali in cui vengono riportati esempi concreti di progetti.
Anche qui se non sapete cosa sia un progetto bisogna prima andare a recuperare le lacune, poi avventurarsi nella stesura di diversi progetti, seguendo dei modelli che troverete su libri in commercio o imparare leggendo più progetti possibili che si possono trovare anche su internet.
La terza prova richiede allo studente la capacità di effettuare un ipotesi diagnostica di un caso clinico proposto che può essere un caso clinico adulto uno di infanzia e uno dell'ambito lavorativo, a volte viene presentato anche uno neuropsicologico tra cui scegliere.
Ciò che viene richiesto è la capacità di effettuare un ipotesi diagnostica sulla base di dati presentati dal caso in questione che logicamente sono insufficienti per fornire una diagnosi.
Quindi si analizzano i dati presentati, si effettua un ipotesi diagnostica principale e altre ipotesi che chiameremo secondarie, sempre se richiesto dal caso, si richiederà un approfondimento dei dati mancanti attraverso un colloquio clinico o l'utilizza di test psicologici specifici per l'ipotesi di diagnosi in questione, e si procederà con un indicazione sempre ipotetica di una psicoterapia specificando il tipo e gli obiettivi che eventualmente ci si può proporre o qualora un approfondimento psichiatrico della situazione se fosse necessario o un collaborazione con altre figure specialistiche qualora fosse necessario.
L'ultima prova al contrario delle precedenti è una prova orale, riguardo il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, si richiede di commentare il contenuto di un articolo del codice e si racconta la propria esperienza di tirocinio post-lauream, soffermandoci non tanto a descrivere minuziosamente quale sia stata l'attività a cui abbiamo assistito supervisionati dalla nostra tutor, ma specificando cosa tale esperienza ci ha lasciato di professionalizzante. 
Spero di avervi chiarito un po' le idee, come si suol dire " in bocca al lupo"!
 





 

giovedì 3 luglio 2014

"BAMBINI INDIFESI"

Oggi più che mai siamo bombardati da messaggi di cronaca proposti dai mass media che riguardano la violenza ai danni dell'infanzia, quando parliamo di abuso intendiamo quell'insieme di atti e carenze che turbano gravemente il bambino attentando alla sua integrità corporea e al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono: la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura di un bambino.
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress, comporta lo sviluppo di sintomi tipici che si manifestano in seguito all'esposizione ad un fattore traumatico estremo, riconducibili a tre gruppi principali: sensazione di rivivere l'evento traumatico, evitamento degli stimoli associati al trauma, attenuazione della reattività generale e aumentato arousal.
I sintomi più caratteristici di quasi tutti i traumi infantili, indipendentemente dall'età del bambino e dal tipo di trauma subito, consistono in memorie intrusive e paure legate all'evento, cambiamenti di atteggiamento nei confronti delle persone, di alcuni aspetti della vita e del futuro, comportamenti ripetitivi tramite i quali viene rivissuta la situazione.
Possono manifestarsi anche sogni ripetitivi, ma difficilmente essi si presentano nei bambini con età inferiore ai 5 anni.
Quando una persona subisce un trauma, esperisce una grande quantità di ansia, non solo nel corso di tale esperienza, ma anche successivamente ogni volta che una situazione gli ricorda il trauma che l'ha colpita.
Coloro che hanno subito vessazioni, maltrattamenti, abusi, punizioni ingiuste, soprattutto in età infantile quando erano impotenti e incapaci di difendersi, vivono tra gli altri anche il problema di una profonda trasformazione dei sentimenti di fiducia nelle norme, nella giustizia e nella possibilità della punizione (Paola Di Blasio, "Psicologia del bambino maltrattato", Il Mulino, 2000).
Riporto di seguito i dati dell'Unicef in merito alla violenza sui minori e i progetti rivolti a tali destinatari.